Titolo: Prima che faccia buio
Artista: Domenico Ventura
A cura di: Raffaele Quattrone
Dove: Sala dei Cannoni, Rocca Paolina, Perugia
Quando: 3 – 14 Luglio 2025
Orario: 11 – 19
Inaugurazione: 3 Luglio 2025 ore 19:00
Patrocinio: Comune di Perugia
Ingresso: libero
Sponsor: NBIT
Inaugura giovedì 3 luglio 2025 alle ore 19 presso la Sala Cannoniera della Rocca Paolina di Perugia la mostra DOMENICO VENTURA. Prima che faccia buio, a cura di Raffaele Quattrone. Un progetto espositivo evocativo, immersivo, disturbante e lirico, capace di restituire la complessità di Domenico Ventura (Altamura, 1942 – 2021), figura appartata ma radicale della pittura italiana contemporanea, che in Umbria ha compiuto parte della sua formazione.
La mostra, promossa con il patrocinio del Comune di Perugia, si compone di oltre trenta opere dando vita ad un cortocircuito visivo e concettuale tra la pittura grottesca, onirica e satirica di Ventura e la monumentalità austera della Sala dei Cannoni della Rocca Paolina, simbolo papale in città, spazio carico di memoria e tensione, come il rapporto dello stesso Ventura nei confronti della Chiesa tra fascinazione e dissenso. Le opere — dense di simboli e suggestioni popolari, quasi felliniane nella loro capacità di fondere il reale con l’assurdo — danno vita ad un universo sospeso tra sogno e realtà. Un’umanità stralunata — fatta di volti esasperati, corpi dissonanti, oggetti simbolici — emerge da queste tele come da un sogno che non riusciamo a ricordare fino in fondo. Il reale si fa maschera, rito, metafora.
Il ritmo dell’allestimento segue una scansione quasi cinematografica: i quadri, tutti dello stesso formato, creano una sequenza visiva coerente, come fotogrammi di un film mai girato. Lo spettatore è invitato a percorrere questo paesaggio interiore come si percorre un set disabitato, un diario visivo, una trama di sogni e smarrimenti.
Il titolo Prima che faccia buio suggerisce un tempo sospeso, una soglia emotiva e simbolica: quel momento in cui la luce cede il passo all’ombra, e tutto si fa ambiguo, fragile, potenzialmente rivelatore. Le opere di Ventura abitano proprio questo confine sottile — tra veglia e sogno, tra realtà e allucinazione. Non spiegano, ma alludono; non rassicurano, ma interrogano. Sono quadri che parlano per immagini oblique, per accumulo di sensi e contraddizioni.
Si possono intravedere in queste opere echi di David Lynch, della sua inquietudine notturna; la malinconia poetica di Lucio Dalla; la leggerezza enigmatica di Italo Calvino. Ma Ventura resta sempre se stesso, irriducibile, fedele a una pittura che è insieme critica e meraviglia, disturbo e incanto. All’interno della solenne architettura della Rocca Paolina — simbolo stesso della memoria sotterranea della città — le sue tele diventano apparizioni, presenze inquiete ma familiari. Racconti muti che parlano allo sguardo e accompagnano il visitatore in un viaggio profondo, personale, al limite dell’invisibile, proprio lì, prima che faccia buio.